THE WHITE SHADOWS


In una foto recente, Fernando Felli suona con i Petrarca
In una foto recente, Fernando Felli suona con i Petrarca

THE WHITHE SHADOWS

Di Fernando Felli

 

I The White Shadows animarono le serate antrodocane negli anni 1968 e ’69, anni magici ed indimenticabili. Il complesso era formato da Romolo Boccacci, chitarra solista, Angelo Cardellini, batteria, Antonio Stocchi, chitarra basso e dal sottoscritto Fernando Felli, chitarra e voce. Avevamo in media quindici anni di età ed in ognuno di noi c’era un’incontenibile voglia di fare, di vivere, di creare. Antrodoco, come il resto del mondo,non rimase insensibile alla moda dei complessi, ne aveva addirittura tre : I Draghi, i PK e i White Shadows.

Il luogo dove ci esibivamo era il mitico Club Petrarca di Antrodoco, in via del Mulino, 5. Era uno scantinato del Comune, una sorta di Piper nostrano. Ricordo ancora le pareti tamburate con anonimi pannelli di panforte. L’indimenticabile amico e pittore Lin Delija le volle dipingere con colori vivaci. Peccato che gli anni e l’umidità abbiano del tutto cancellato quei disegni che meglio di qualsiasi altra cosa rappresentavano la gioia e l’entusiasmo che era dentro di noi.

Ben presto si sparse la voce della nascita del Club Petrarca e i ragazzi cominciarono a giungere da L’Aquila, Terni e Rieti.Spesso la domenica pomeriggio, via del Mulino, rimaneva bloccata al traffico per i tanti giovani che non trovando posto all’ interno del club rimanevano fuori.

I The White Shadows riuscirono ad acquistare i loro strumenti facendo immani sacrifici.

Scaricavano camion di materiali edili o sacchi di sale, oppure andavano a pitturare gli appartamenti. Ben presto cominciarono a vedere i primi risultati. Romolo era il più invidiato perché possedeva una bellissima chitarra elettrica Eko usata, appartenuta al solista dei Sabini, un gruppo molto in voga allora.

Questa chitarra era madreperlata di bianco ed aveva una particolarità. Pesava otto chili !

Il sottoscritto aveva invece una chitarra Eko usata, pagata 9.000 lire, corredata però da una magnifica cinta, regalo di una bellissima ragazza romana, Cristina, che l’aveva pagata 12.000. Insomma, potevo entrare tranquillamente nel Guinness dei primati, ero il prima chitarrista al mondo ad avere una cinta più costosa della chitarra (eppure oggi chissà cosa darei per riaverla indietro). Antonio aveva un basso Eko nuovo che, insieme alla batteria Hollywood di Angelo, costituiva la spina nel fianco del gruppo. Infatti, per acquistare questi strumenti firmammo un mucchio di cambiali, con firma a garanzia (falsa) dei nostri genitori.

Il nostro repertorio agli inizi, era composto solo da due pezzi :Mare incantato, definito dai più fini palati, una sega a nastro e dal successo dell’estate del ’68 Piccola Katy dei Pooh. Pensate, con soli due pezzi reggevamo una serata.

Al Club Petrarca eravamo considerati degli idoli. Le ragazze ci aspettavano fuori per avere un autografo o addirittura una ciocca di capelli. Le nostre foto venivano spesso incorniciate in orrendi quadretti kitsch a forma di cuore. A quei tempi, bastava suonare qualcosa sul palco e si era subito un divo. Tutte le estati le passavamo dentro al Club Petrarca da veri stakanovisti della musica. Non prendevamo mai il sole ed eravamo pallidi da far paura e soprattutto puzzavamo di muffa. Queste due cose messe insieme, l’essere pallidi e puzzare di muffa, faceva letteralmente impazzire le ragazze.

Oltre a suonare al Club Petrarca, ci esibivamo nelle piazze e nella pista da ballo delle terme di Antrodoco. Per far fronte a questi nuovi impegni dovemmo preparare un nuovo e più ampio repertorio, tra cui :Ho difeso il mio amore, Dio è morto, Come potete giudicar,Noi non ci saremo, dei Nomadi ;Gimme some lovin’ degli Spencer Davis Group ; Applausi, L’ora dell’amore dei Camaleonti ; La pioggia cade su di noi, Ma che colpa abbiamo noi  

dei Rokes ; 29 settembre, Io ho in mente te degli Equipe 84 e l’indimenticabile Senza luce dei Dik Dik.

Il successo era garantito. Con questo repertorio facemmo sognare migliaia di persone.

 

ll rock finalmente usciva dalle cantine ed invadeva il mondo.   

 

I The White Shadows, a solo quindici anni e con pochi mezzi a disposizione riuscirono a scrivere un pezzo di storia antrodocana. Tutti gli amici che hanno avuto la fortuna di vivere questa magnifica esperienza, e sono molti, la ricordano sempre come un caro e magico momento della loro vita.


Fernando Felli e Ugo Fangareggi ospiti e protagonisti di una serata reatina dedicata alla beat generation.

A sinistra, un video con un'intervista realizzata dalla rivista Didattica Luce in Sabina.